Quando si parla di instabilità di spalla bisogna partire dal presupposto che questa articolazione nasce ipermobile, con una tendenza all’instabilità che varia da soggetto a soggetto. Concorrono alla stabilità della spalla alcune strutture anatomiche, dette stabilizzatori passivi, quali cercine glenoideo, legamenti glenoomerali, la congruenza articolare e, come fattori stabilizzatori attivi, le strutture muscolari.
Esistono diverse forme di instabilità di spalla e non tutte portano necessariamente ad una sintomatologia dolorosa.
Nelle instabilità multidirezionali, tipiche di soggetti che presentano costituzionalmente una eccessiva elasticità delle strutture capsulolegamentose, la spalla diventa dolorosa soprattutto nello svolgimento di attività ginniche o sportive con movimenti ripetuti overhead; in questi soggetti si può arrivare anche ad avere lesioni del cercine glenoideo anteriore, posteriore o superiore (lesioni tipo SLAP).
Abbiamo poi le forme di instabilità unidirezionali, in esiti di traumi più o meno violenti, più frequentemente in esito di una lussazione anteriore o posteriore, con la presenza di lesioni del cercine glenoideo (lesione di Bankart) o lesioni del cercine con inserito un frammento osseo delle glena scapolare (lesione di Bankart ossea). Si può poi arrivare al quadro di lussazione recidivante, con quindi 2 o più episodi di lussazione, in cui le strutture capsulolegamentose ed eventuale danno osseo, non possono più garantire la stabilità.
Nei quadri di instabilità dobbiamo inserire anche l’impingement postero-superiore, tipico di alcuni sport o gestualità comunque overhead.
Per poter valutare al meglio un’instabilità di spalla non è sufficiente una normale rmn, anche se ad alto campo, ma si rende necessaria una ARTRO-RMN, ovvero una risonanza magnetica con mezzo di contrasto infiltrativo, allo scopo di evidenziare lesioni anche minori ed il grado di lassità capsulolegamentosa.
Se prese in tempo molte delle forme di instabilità di spalla possono essere trattate conservativamente con approccio riabilitativo specifico; qualora sia necessaria una soluzione chirurgica, generalmente ci si avvale delle tecnica artroscopica, andando a riparare le strutture danneggiate. Se questo non risultasse più possibile, come nelle lussazioni recidivanti numerose o con eccessivo danno osseo, si propone la tecnica di stabilizzazione a cielo aperto di Bristow-Latarjet che garantisce comunque ottimi risultati e ritorno alle attività, anche sportive, praticate.